Il progetto si propone di elaborare una ricerca intra-dipartimentale finalizzata a monitorare il sistema giudiziario europeo "integrato", analizzando il livello di tutela dei diritti fondamentali garantito rispettivamente nei diversi ambiti giurisdizionali, legislativi ed amministrativi, dalle fonti normative e dalla giurisprudenza interna ed europea. Particolare attenzione sarà dedicata alla analisi comparativa della Costituzione italiana e delle Carte europee (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e Convenzione europea dei diritti dell'uomo) così come all'interpretazione ed applicazione dei diritti medesimi da parte delle corti nazionali e delle corti sovranazionali (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Corte Europea dei diritti dell'uomo).
Uno dei punti cruciali per una effettiva tutela giurisdizionale dei diritti dei soggetti appartenenti ad un ordinamento riguarda sicuramente i limiti posti al giudice nel reperimento della norma da applicare alla fattispecie concreta di cui deve conoscere e su cui deve decidere. In secondo luogo si pone il problema della sua libertà interpretativa di quella stessa norma nonché, in subordine, dell'eventuale obbligo di rendere conto delle proprie scelte in sede di stesura della motivazione della sentenza. Ciò coinvolge numerosi problemi di primaria importanza dalla cui soluzione dipende la concreta configurazione del tipo di processo e quindi, in definitiva, il grado di effettiva protezione di quei beni giuridici che l'ordinamento stesso indica come rilevanti e degni di tutela, di cui sono titolari i cittadini.
In radice, il tema si riconduce a quello riguardante le fonti del diritto (di produzione e di cognizione), alle quali il giudice possa (o debba) attingere per emanare la sentenza. In epoca moderna l'ordinamento statuale italiano, così come quelli degli altri stati dell'Europa continentale, ha cercato per quanto possibile di far coincidere tali fonti con la legge in senso formale, prodotta in via esclusiva dallo stato stesso. Si tratta tuttavia dell'esito di una complessa e lunga vicenda storica che si è avviata tra XV e XVI secolo, soprattutto in Francia, per sfociare negli esiti codicistici ottocenteschi. Con tutta evidenza, in questo campo è possibile tra l'altro individuare una evoluzione di segno sostanzialmente analogo del diritto privato e di quello penale (dove l'idea moderna del giudice "bocca della legge" ha trovato la sua più intransigente applicazione mediante l'affermazione del principio della riserva assoluta di legge nella configurazione delle fattispecie di reato e nella determinazione delle pene per esse previste:"nullum crimen, nulla poena sine lege").
Si presenta dunque il problema dello spazio che hanno avuto (e che potranno avere in futuro, de iure condendo) da un lato la dottrina, dall'altro la giurisprudenza pratica, nella produzione di veri e propri 'giacimenti' di interpretazioni autorevoli utilizzabili con successo per supplire alle deficienze del diritto scritto, cioè per colmare le lacune e proporre soluzioni innovative per problemi inediti, sia pure a partire da dati normativi già esistenti. Tale attività di reperimento della norma (del principio giuridico contenuto nella sentenza o nella ricostruzione del caso da parte del professore) in qualche modo somiglia da vicino a quanto già avvenuto in Europa tra XIV e XVIII secolo, quando si giunse alla enucleazione di un corpus di communes opiniones doctorum utilizzate dai giudici per risolvere i dubbi interpretativi ed inoltre - in parziale alternativa a tale ruolo svolto dalla dottrina - si compilarono le prime raccolte di decisioni dei grandi tribunali (come accadde soprattutto per le pronunce del Senato torinese, della Rota fiorentina, della Rota romana, dei grandi tribunali napoletani, ma anche, fruori d'Italia, per gli arrêts dei Parlaments francesi).
Ciò si collega inoltre con la previsione generalizzata dell'obbligo di motivazione della sentenza (innovazione tardo settecentesca), quale strumento di controllo dell'operato del giudice, sia sotto il profilo della valutazione delle prove, che sotto quello della corretta interpretazione delle norme impiegate per decidere, che più in generale sotto quello del corretto svolgimento sotto il profilo logico delle argomentazioni svolte per giungere alla decisione.