“Con l'espressione `manutenzione’, riferita ad un testo legislativo, si indicano quelle attività che sono necessarie od opportune per tenere in ordine il libro delle leggi considerato nel suo complesso, cioè a far sì che esso corrisponda costantemente alle esigenze di coerenza, di semplicità e di chiarezza che dovrebbero essere sue proprie” (A. Pizzorusso).
Ciò tanto più vale in riferimento alla `manutenzione’ della più importante delle leggi, la Costituzione. Negli ordinamenti a democrazia stabilizzata, infatti, viene oggi meno il bisogno di momenti (ri-)fondativi degli assetti costituzionali. Il consolidarsi della forma di Stato e segnatamente di quella liberale e democratica rende l’esercizio del potere costituente (inteso come potere libero nei fini) un’ipotesi meramente scolastica, affermando anzi con sempre maggiore incisività la presenza di limiti e condizioni (di natura interna ed internazionale) al potere di revisione.
Per contro, alla stabilizzazione della garanzia degli elementi fondativi degli ordinamenti corrisponde la necessità di adeguare costantemente alcune disposizioni costituzionali ai rapidi cambiamenti sociali ed all’interdipendenza sovra-ed internazionale, attraverso processi di revisione costituzionale più “mirati”.
Sembra insomma consolidarsi, in questi ordinamenti, una costituzione a doppio scartamento, caratterizzata da un lato dall’intangibilità dei principi di regime, dall’altro dalla necessità di adeguare assai più rapidamente che in passato le regole operative del sistema. Un parte rigida ai limiti dell’intangibilità, ed una materialmente, sia pure non formalmente, flessibile.
A fronte di questa duplice condizione, in molti ordinamenti le procedure di revisione previste dalle rispettive costituzioni appaiono poco adatte allo scopo. Inoltre, in riferimento al nucleo essenziale della costituzione, esse si pongono come potenziali minacce, potendo essere attivate anche al fine di intaccare l’impianto di valori consolidato (di qui l’emersione di forme di irrigidimento aggiuntivo, dal ruolo della giustizia costituzionale come giudice anche della revisione, all’introduzione di procedure di revisione totale). Per contro, in relazione agli aspetti organizzativi, le procedure di revisione mostrano eccessiva rigidità e scarsa capacità di rispondenza alla necessità di adeguamenti rapidi.
Sembra così affermarsi la funzione di “manutenzione” costituzionale, intesa come attività di adeguamento rapido e funzionale di settori organizzativi, più o meno limitati, delle costituzioni. Una funzione che si va sostituendo alle ipotesi di macro-riforma, che sempre più spesso, quando tentate, falliscono (per tutti i casi del Canada e più recentemente della Germania e dell'Austria), anche se in qualche caso ottengono l’effetto voluto in forza di una volontà in tal senso dei soggetti titolari del potere di indirizzo politico-costituzionale (è il caso, ad esempio, del Portogallo).
L’attività di “manutenzione” costituzionale sembra distinguersi dal mero adeguamento (o micro-revisione) per la tendenza sempre più diffusa a passare attraverso canali diversi, integrativi e quasi sostitutivi delle procedure ordinarie di revisione, normalmente al fine di includere un maggior numero di attori rispetto a quelli ipotizzati dal costituente. Gli esempi vanno moltiplicandosi, dall’affermazione del metodo convenzionale nell’ordinamento costituzionale comunitario e in Austria (e in parte in Germania e in Svizzera), fino al ricorso privilegiato all’approvazione popolare (si pensi al caso dell’Italia, prima con la proposta della Commissione bicamerale, poi con la riforma del Titolo V del 2001 e infine con la proposta di revisione attualmente all’esame del Parlamento, ma anche al Regno Unito con l’approvazione referendaria delle più importanti recenti leggi materialmente costituzionali), ed alle variegate tecniche di “mis à jour” (espressamente richieste in occasione della revisione costituzionale svizzera del 2000). Le nuove procedure “parallele” danno vita ad una “governance della revisione” che merita riflessione da parte degli studiosi. Infine, in molti casi la “manutenzione” si limita a costituzionalizzare prassi costituzionali o regole legislative (come nella riforma costituzionale francese del 2003 sul decentramento) e principi giurisprudenziali, spesso in connessione con l’integrazione costituzionale sopranazionale.
A questo tema è dedicata la ricerca in oggetto, che mira a
1) comprendere le procedure di revisione costituzionale in diversi ordinamenti caratterizzati da recenti esperienze di revisione, esaminandone gli aspetti procedurali, la prassi applicativa, l'interpretazione giurisprudenziale;
2) coglierne le funzioni in alcuni ordinamenti paradigmatici nei quali questa nuova funzione si è più espressamente manifestata, con riferimento a riforme costituzionali (macro e micro) proposte, fallite, realizzate;
3) riflettere sull’affermazione di nuove procedure e funzioni “parallele” nella revisione costituzionale, per verificare in chiave comparatistica la tenuta del concetto di "manutenzione costituzionale", la sua portata concreta e la sua funzionalità.