Il sistema della giustizia penale, sostanziale e processuale, si trova esposto a radicali e sempre più frequenti mutamenti per effetto dell’incidenza che il diritto europeo esercita nell’ordinamento interno. Norme e principi giurisprudenziali, derivanti tanto dall’Unione quanto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, impongono specifici vincoli di adeguamento sia per il legislatore che per i giudici nazionali, chiamati a confrontarsi con fonti “multilivello” interconnesse che rendono la materia penale altamente instabile. Sorprendente la molteplicità degli istituti coinvolti: dalle norme in attuazione di direttive europee per garantire il diritto all’assistenza linguistica e all’informazione nel processo penale, a quelle frutto di reiterate condanne della Corte di Strasburgo da cui sono derivate l’abolizione della contumacia e la nuova – non del tutto soddisfacente – disciplina del processo in assenza. Ancor più dinamico il fronte giurisprudenziale, dove la Consulta svolge un ruolo non solo suppletivo – è il caso della revisione “europea” e dei rimedi al giudicato iniquo – ma anche anticipatorio – così per la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello – se non addirittura sostitutivo, come per la progressiva affermazione del principio di pubblicità delle udienze. Senza trascurare l’operato dei giudici ordinari, impegnati a innestare nell’ordinamento interno taluni dicta sovranazionali – segnatamente, in tema di ne bis in idem e di prescrizione – particolarmente delicati per la diretta incidenza sui principi fondamentali che la Costituzione dedica alla materia penale, anzitutto sul piano della legalità sostanziale e processuale. Scopo del progetto è analizzare l’operatività dei vincoli di adeguamento e definire il margine di apprezzamento in capo al legislatore e ai giudici nazionali che consenta di rispettare i valori irrinunciabili del nostro ordinamento, sia pure in rapporto agli obblighi assunti nei confronti delle Istituzioni europee.