Inizio e fine vita, disponibilità del corpo e libertà di movimento sono solo alcuni degli aspetti che mettono in luce la tendenza del potere a governare il corpo dei consociati nella sua dimensione materiale, come peraltro evidenziato, in maniera assai significativo, nell’ambito del recente dibattito politico e giuridico originato dalle misure di contenimento della pandemia.
Entro quali limiti le regole di un ordinamento democratico possano legittimamente incidere sul corpo? In assenza di un’adeguata e organica riflessione in argomento, nonché di una compiuta consapevolezza circa il regime giuridico del corpo stesso, il progetto intende colmare tale lacuna offrendo un’opera che ricostruisca lo statuto giuridico della corporeità in Roma antica, modello per gli ordinamenti giuridici europei e non solo. Il ritardo del diritto circa la disciplina del corpo, infatti, è stato spesso giustificato sulla base di una presunta e non dimostrata ragione storico-giuridica: l’occultamento del corpo da parte dell’ordinamento romano, inventore della persona come categoria astratta contrapposta alla concretezza delle res, con la relegazione alla religione di quanto attiene alla nuda vita. Una simile conclusione pare però inaccettabile: l’esistenza di un corpo è elemento indispensabile affinché il diritto romano operi; le stesse divinità – soggetti dell’ordinamento giuridico – sono dotate di una loro fisicità.
L’unità veronese, perseguendo alcune linee di ricerca non adeguatamente approfondite, indagherà il rapporto tra corpo integro e corpo mutilato, con particolare riguardo ai corpi dei condannati, dei soldati e dei nemici, i connotati fisici richiesti alla nascita per essere destinatari del ius personarum, il ruolo del corpo o di parti di esso nella gestualità e nel perfezionamento di negozi, la connessione tra la sanzione dell’infamia e l’esercizio delle cd. professioni infamanti.
Aree di ricerca coinvolte dal progetto | |
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Roman and Ancient Law |
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